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Dal momento in cui esistiamo, comunichiamo: su questo non ci sono dubbi.
Se fino a qualche anno fa la comunicazione si realizzava principalmente in modo unidirezionale, da un’istituzione a un pubblico, oggi lo scambio diventa simmetrico.
Un individuo può interagire con l’informazione che gli viene proposta e, attraverso i diversi strumenti che possiede può ribaltare un’informazione o ancora appropriarsene e cambiarla come più gli aggrada.
Ciò viene reso possibile perché il contenuto di un messaggio non è più vincolato al suo contenitore di base.
Viene dunque posta in primo piano l’attenzione sul come comunichiamo rispetto a che cosa comunichiamo.
Fruibile da un ampio pubblico, la fotografia trasmette un messaggio d’impatto su vari livelli: il primo immediato ed emotivo, altri che sono percepiti solo dallo spettatore più attento. L’immagine che ci troviamo a guardare potrebbe nascondere uno scenario completamente diverso da quello che appare: in un epoca in cui la vita sociale si misura su un social network ci viene richiesto di fotografare “ciò che piace”, e non “ciò che viviamo realmente”, che potrebbe disattendere le aspettative.
Torniamo dunque all’idea secondo cui le modalità con le quali comunichiamo, e in questo caso fotografiamo, possano influenzare lo spettatore.
Con il progresso tecnologico, e l’avanzare della conoscenza della stessa, la fotografia bidimensionale acquista tridimensionalità e movimento: la maggiore definizione dell’immagine chiama un coinvolgimento dello spettatore su più piani sensoriali, diventando a tutti gli effetti un contenuto di audiovisivo, dalla molteplice natura. Oggi il video è assimilabile al drone, al telefono, al gioco diventando contenitore per messaggi di funzione e complessità varia.
Alla nostra domanda una risposta affermativa arriva dagli Stati Uniti. Di fronte all’impossibilità di comunicare di persona con il pubblico, come conseguenza della pandemia da COVID-19, il contenitore pubblicitario più grande che conosciamo, la strada, è entrato nelle case delle persone. Un esempio: attraverso “Animal Crossing”, un videogioco che permette all’utente di crearsi un mondo ideale, il team per la campagna elettorale di Joe Biden, candidato democratico per le elezioni USA 2020, ha fatto sì che i propri cartelloni elettorali diventassero un decoro del gioco stesso. Gli utenti hanno inserito nel loro mondo ideale dei cartelloni promozionali per il loro “futuro” presidente, partecipando attivamente all’aumento di notorietà di quest’ultimo, sovrapponendo vita reale e mondo digitale.
Situazione analoga ricorda l’evento da milioni di spettatori di Travis Scott, realizzato sempre su un videogioco, Fortnite. Durante il pieno lockdown di marzo 2020, l’artista ha trasportato il suo palco nell’universo digitale del gioco, rendendo accessibile il suo concerto a 12 milioni di utenti in tutto il mondo, gamers e non, entusiasti e attratti da un’iniziativa senza precedenti. Ritorniamo perciò alla nostra idea di base: il contenuto si è spostato dal suo contenitore di provenienza, incuriosendo lo spettatore e entrando virtualmente in casa sua.
Poniamoci adesso una seconda domanda: se un contenuto ci stupisce ciò vuol dire che probabilmente lo ricorderemo, ma possiamo definire questo stupore come positivo? Da un lato, esiste il rischio di portare meno attenzione e associare meno importanza e affidabilità a un messaggio posto al di fuori del suo contenitore. Dall’altro, notiamo entusiasmo da parte dello spettatore nel poter collaborare alla promozione di qualcosa in cui crede.
Ricordiamo, che non è soltanto il mezzo di comunicazione ad attirare l’attenzione dello spettatore, ma la sua unicità e la personalizzazione possibile grazie alle funzioni del videogioco. La grafica, realizzata in modo semplice ed efficace, permette all’occhio di memorizzare un messaggio in modo chiaro. Rende infine accessibile all’utente, una forma di creatività replicabile. Un altro esempio in termini di promozione grazie al videogioco è stato il lancio del Galaxy Note 9 attraverso Fortnite. Samsung ha impersonificato il telefono in un giocatore, accessibile unicamente con l’acquisto del telefono. Un’iniziativa unica, creativa e personale che ha superato l’identità dell’oggetto stesso, facendo sì che il consumatore volesse diventare il prodotto grazie al videogioco Fortnite.
La domanda sorge spontanea: in che modo possiamo destare l’attenzione dello spettatore senza minimizzare l’importanza del contenuto? È corretto pubblicizzare temi di importanza sociale elevata su strumenti iper-personalizzabili ?
Per quanto ci riguarda, crediamo nella transmedialità della comunicazione ovvero, nella “forma narrativa che, muovendosi attraverso diversi tipi di media, contribuisce a perfezionare ed integrare l'esperienza dell'utente con nuove e distinte informazioni”. Un soggetto deve essere comunicato in modo tale da essere inattaccabile, poco importa del supporto dove si trova. Sarà quindi premura dei creatori di contenuto di trovare un equilibrio unico e sull’autorevolezza di un contenuto.
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